Si dovrebbe parlare del Bahrein, a un anno dalla bella e terribile rivoluzione di piazza delle perle, il roundabout di Manama. Soffocata, quella rivoluzione è stata sacrificata all’altare di equilibri lontani. Il contenimento dell’Iran, la quinta flotta a Manama, il conseguente controllo delle minoranze sciite nella penisola arabica. Tutto noto, tutto risaputo. E allora, i ragazzi della piazza delle Perle di Manama, uguali in tutto e per tutto a quelli di piazza Tahrir al Cairo, non hanno potuto e non possono far la rivoluzione. Anche se quella rivoluzione supera la frattura etno-socio-religiosa tra sunniti e sciiti. Parla di diritti, e non di vecchi comunitarismi usati in chiave politica.
Dei lacrimogeni del Bahrein, dunque, non si deve parlare. Se ne sa qualcosa, per chi lo vuole sapere, seguendo i tweet di JustAmira, il boom boom e i lacrimogeni, i sorvoli degli elicotteri. Di queste parole sono pieni i messaggi, da mesi, di una delle più importanti blogger non solo del Bahrein, ma dell’intero mondo arabo.
Allora, non occupiamoci del Bahrein. Troppo piccolo. Troppo scontato che lì, il Secondo Risveglio arabo non debba esprimersi in tutte le sue (tante) potenzialità.
Bisogna occuparsi di una guerra guerreggiata possibile. Di un raid aereo israeliano sui siti nucleari iraniani di cui si parla tanto. Forse troppo, come se (anche stavolta) giornali, radio, tv e ora anche internet fossero il Risiko su cui la guerra già si gioca, con i falsi bersagli, le buone notizie, le indiscrezioni fasulle, quelle credibili tutte mescolate. E poi – a ingarbugliare ancor di più la matassa – c’è la battaglia (quella sì, reale) che si combatte col sangue. Lontano dalla guerra guerreggiata. Scienziati iraniani che lavoravano al programma nucleare uccisi da mano ignota. Attentati in città lontane (da noi occidentali, ma non dal mondo reale) che si chiamano New Delhi, Tblisi, Bangkok. Le Carrè sarebbe felice. Ne potrebbe fare un romanzo avvincente, del detto e del non detto. Di autori ignoti, di trame vere o presunte. Di una guerra di spie che segue il canovaccio tragicamente solito. O di qualcos’altro che non sappiamo. La stessa trama che ognuno di noi, giornalista o analista, pensa di tessere a suo modo, con le sue conoscenze scarse e/o di parte, per disegnare un tappeto che – alla fine – non si saprà mai se dettato dalla propria individuale fantasia o dalla realtà.
E alla fine? Alla fine la guerra si eviterà? Il braccio di ferro virtuale, reale, immaginato porterà a ‘cessate il fuoco’? Oppure no?
È questa confusione che gela i ragionamenti politici. Che distoglie lo sguardo da quello che realmente sta succedendo nella regione. E che parla di un immobilismo (quello arabo, più che quello mediorientale) già scricchiolante da anni, e rotto quando tutto è stato pronto per quelle che si possono a ben diritto definire ‘sollevazioni’. Forse – veramente – rivoluzioni. Il classico romanzo della guerra fredda contro la nuova storia disegnata da generazioni che non riusciamo a descrivere. E che, con l’imbarazzo di chi non sa, riusciamo solo a definire ingenue nel loro idealismo. La politica – questa è la vulgata – la fanno altri. Nelle stanze sterili e ovattata, dove sinora si sono decisi i destini del mondo. Anche se il mondo, nel frattempo, è cambiato.
Sapete che c’è? Preferisco occuparmi di graffiti, stencils, suonerie, hip pop, blog. Pop culture. Movimenti. Ragazzi che cercano dignità e un lavoro. Pane e giustizia sociale. Il Checkpoint Charlie non mi ha mai entusiasmato, quando frequentavo la Germania e mi occupavo della storia contemporanea europea. Mi sembravano più interessanti i graffiti sul Muro, quello di Berlino. Alla fine, il Checkpoint Charlie non è caduto per la guerra di spie. Bensì per una massa di trabant dello stesso colore delle nostre cucine di fòrmica. Ma la lezione non l’abbiamo imparata.
Il graffiti al Cairo, dove la rivoluzione è approdata anche sui muri, parla di quella ragazza che i soldati picchiarono e semi-denudarono, in autunno. La ragazza che aveva un reggiseno celeste. Rappresentata, sul muro, come una wonderwoman.
Sanremo mi ha distrutto, ieri sera. Uno dei peggiori della mia vita, dal punto di vista musicale. E dunque, distrutta, non ho idee per la playlist di oggi. Qualche consiglio?